Tartufo, la stagione parte bene ma i cercatori si lamentano foto

Cambia il clima, cambiano le stagioni, si modificano i raccolti e con essi anche la stagione tartufigena. I prodotti della terra hanno sempre avuto una correlazione stretta con le condizioni climatiche, ma mai come in questo tempo si ha l’evidenza e la consapevolezza di questa connessione. Chi questa consapevolezza l’ha sempre avuta sono i tartufai, i cercatori dell’oro bianco di San Miniato che hanno sempre prestato attenzione alla stagione, intesa come condizione metereologica. E non si tratta solo di sostenere, come fanno alcuni, di dover aspettare la mossa della luna, cioè il cambiamento di fase lunare, ma di adeguare l’inizio e la fine della stagione tartufigena ai cambiamenti climatici e agli stimoli della natura che portano a maturazione il fungo ipogeo.

Oggi, sabato 14 settembre, è iniziato il ciclo di conferenze in preparazione della mostra mercato del tartufo bianco e i primi attori che sono stati coinvolti sono i tartufai di lungo corso, quelli che conoscono il bosco e conoscono nei dettagli le fasi di maturazione. Loro, come i migliori saggi, nutrono il dubbio: “Il tartufo è una cosa misteriosa: a fare le previsioni si sbaglia sempre e si fa la figura del coglione garantito” è in questo modo inequivocabile che Giorgio Morelli, ex presidente dell’assocaizione tartufai mette le mani avanti, ma poi aggiunge: “In effetti, però, la stagione è partita bene, ce ne sono tanti in terra. Ora, chiaramente, non siamo al massimo della qualità, ci vogliono ancora 15-20 giorni. Quello che succede è che si sta spostando la maturazione del tartufo, come tutte le cose. Adesso è ancora il tempo della marcia”, il primo tartufo che sicuramente non è la qualità migliore del bianco di San Miniato. Poi Morelli continua: “Io fui il primo che in Regione sostenne, anni fa, di anticipare l’inizio della stagione tartufigena dal primo ottobre all’inizio di settembre. All’epoca ci concessero di iniziare il 10 settembre, ma alla luce di quello che sta succedendo, io direi oggi il contrario: non solo la stagione dovrebbe partire il primo ottobre, ma dovrebbe durare fino a tutto gennaio”. Quello che l’associazione dei tartufai rivendica è un’attenzione alle mutazioni del clima.
È in queste considerazioni che irrompe con tutta la sua attualità il rapporto tra l’attività dell’uomo e la natura leopardianamente intesa. Nel Dialogo della natura con un islandese, quello che emerge è una natura madre e matrigna al tempo stesso, dotata di un’autorità morale e capace di imporre coercitivamente regole e definire l’ordine del mondo. Una natura madre che dà vita all’uomo, ma che poi non se ne cura e diventa matrigna: lo tratta come una delle parti del meccanismo che regolano il ciclo della vita, contro cui l’uomo non può opporre resistenza, e anzi, deve assecondarla in una logica meccanicistica. Il pessimismo di Leopardi si oppone all’idea illuministica che pone al centro del mondo l’uomo, ma si rivela oggi più che mai attuale e necessaria parlando di tartufo. Seppur con la loro matrice verace e nel loro dialetto toscano ben lontano dall’eleganza della lingua leopardiana, i tartufai questo l’hanno capito: “Noi salvaguardiamo poco l’ambiente – ha esordito così Gianpiero Montanelli, uno dei tartufai più giovani –Ci sono delle procedure ben precise per estrarre il tartufo da sotto terra che se non vengono eseguite correttamente poi c’è il rischio che in quel punto non ci ricresca più niente. La natura ci ha dato delle regole ed è nostro compito rispettarle per preservarla, se vogliamo che ci siano tartufi anche in futuro. Iniziando dal ricoprire il buco una volta estratto il fungo. Su questo versante bisogna ancora educare, sensibilizzare e, se necessario, elevare sanzioni”.
Le istanze dell’associazione dei tartufai sono state tutte portate ai tavoli regionali, ma al momento i risultati ottenuti non soddisfano il presidente Renato Battini: “Stiamo trovando con la Regione un muro insormontabile – ha detto – e una chiusura anche da parte dei proprietari delle zone tartufigene. Noi siamo per la raccolta libera: chiunque può andare anche nelle zone gestite dall’associazione, anche chi viene da fuori provincia, pagando una tessera maggiorata. Mentre noi non possiamo andare, per esempio, a Certaldo o in provincia di Firenze dove l’ottica della gestione del tartufo è privatistica. La Regione continua a trovare scuse indecenti e per questo chiediamo anche al sindaco di poter intercedere”. D’altra parte, l’associazione dei tartufai delle colline samminiatesi, con i suoi 400 associati raggruppa 30 comuni ed è la più grande della Toscana. L’associazione si è fatta carico di giorni di formazione e di tutela ambientale per la manutenzione e per la diffusione della cultura del tartufo. Per questo rivendica un’attenzione in più rispetto a chi, invece, vuole privatizzare le aree tartufigene.
“Il problema è che ci sono troppi portatori di interessi – così Guido Franchi, vicepresidente dell’associazione tartufai -. In Regione le nostre proposte vengono abbandonate e vengono portate avanti proposte di altri territori. Una su tutte: la regione Toscana ha finanziato con 22mila euro all’università di Siena una mappatura del tartufo nella lucchesia, quando a Lucca non c’è nemmeno un’associazione di tartufai. Nella formulazione dei bandi, poi, la Regione ha escluso le attività di miglioramento ambientale, di cui deve farsi carico ancora una volta l’associazione. Quindi noi chiediamo ai tartufai di prestare occhio e di fare piccoli lavori di pulizia e di messa in sicurezza mentre vanno alla ricerca. Anche volendo, però, non abbiamo le forze di togliere le piante secche da ettari e ettari di bosco. La Regione dovrebbe tenere a mente che la nostra associazione non opera a fini di lucro, ma per la tutela ambientale”.
Sicuramente l’orecchio attento della nuova amministrazione c’è ed è un buon punto di appoggio, ma la legislazione sulla materia spetta alla Regione. Se non altro, l’amministrazione comunale, ha inteso affrontare serenamente i problemi che i tartufai hanno sempre sollevato, senza nulla togliere al prestigio della Mostra Mercato. “L’idea – ha spiegato Simone Giglioli, sindaco di San Miniato – è quella di lavorare ad un bando ad hoc che parlasse proprio di manutenzione delle zone tartufigene dedicato alle associazioni. Abbiamo contattato l’assessore regionale all’agricoltura Marco Remaschi, ma si sa, i tempi della Regione sono lunghi. Poi – aggiunge Giglioli – i cartellini dei tartufai vanno alla fiscalità generale regionale. Noi chiediamo semplicemente che una parte ritorni per la manutenzione delle aree tartufigene. Sicuramente, non ha aiutato lo spostamento di competenza dalla provincia alla Regione: così si sono perse professionalità tecniche legate al territorio”.

 
 
Giuseppe Zagaria 

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