Arte e natura si incontrano al chiesino di Moriolo, a 20 anni dal restauro foto

Il tramonto inaugura una serata che rigenera lo spirito

Sarebbe dovuto essere il 25 aprile. Ma il covid 19 non ha risparmiato neppure i luoghi dello spirito e adesso che le misure si stanno allentando, è anche dallo spirito che c’è da ripartire. Così l’Ucai San Miniato ha scelto il chiesino di Moriolo per ripartire.

“E’ un luogo esperienziale – spiega il presidente Fabrizio Mandorlini -, che ti invita a una sosta, a fermarsi un attimo per ammirare la perfetta sintesi della bellezza e del paesaggio, dell’arte e della natura. Un luogo da fotografare e da portare con sé. Per questo l’Ucai San Miniato ha pensato che vent’anni dopo, quella particolare esperienza di restauro architettonico e di valorizzazione artistica e pittorica non poteva passare sotto silenzio”.

L’appuntamento è per venerdì 10 luglio alle 18,45 e l’iniziativa si inserisce in una più ampia programmazione che tocca tutta le arti: dalla musica al teatro, dal cinema, all’architettura, alle arti visive e alla letteratura. Cercando di far incontrare le persone con la bellezza. “Il programma – racconta – prevede in principal modo il godimento della natura al tramonto in un luogo di incontro di valli e di declivi a forte impatto emozionale, ma anche luogo di passaggio di pellegrini e di viandanti, riproponendo il piacere di ammirare la bellezza della natura e della mano dell’uomo”.

Alle 18,45 ci sarà la recita dei vespri guidati da don Francesco Ricciarelli, seguirà l’introduzione dell’architetto Paolo Posarelli “ll recupero di un brano di paesaggio in ricordo di Alberto Pesarelli”, l’intervento di Luca Macchi “Arte e fede negli affreschi all’interno del chiesino” e di Fabrizio Mandorlini “Natura e bellezza nei racconti di don Luciano Marrucci”.

Fu proprio don Luciano Marrucci, infatti a spronare un gruppo di architetti e di artisti guidati da Luca Macchi a restaurare la struttura alla vigilia dell’anno Duemila perché rimanesse traccia concreta sul territorio dell’anno giubilare e ad impreziosirla con interventi pittorici, tra cui spicca il San Matteo allo scrittorio e il crocifisso sull’altare.

Proprio vent’anni fa don Luciano Marrucci commentava: “A me sembra che quello che è stato fatto per questa chiesina, sia stato fatto proprio con amore nel ricordo trainante di Alberto Posarelli che è vissuto in questo grembo, nello spirito anche di quello che lui ha fatto, ha operato e concepito. Questo chiesino, in qualche modo, già si proponeva come un fermaglio nella natura.
E allora nel panorama ogni tanto la presenza di un campanile, un signacolo, una fibbia che diventi fermaglio della storia, ci voleva”.

Il ricordo di Macchi

“Grazie alla Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato – ricorda – fu possibile per un gruppo di giovani architetti, riuniti sotto la sigla LDA.iMdA, che avevano come riferimento don Marrucci di intraprendere i lavori di restauro del piccolo edificio sacro. Non si fermarono al solo recupero della struttura ma pensarono di arricchire la piccola chiesa. Mi chiesero così di decorarne l’interno e nel corso di un sopralluogo Luciano mi disse, mentre batteva il dorso della mano sui muri nuovi della cappella: ‘non pensare di fare dei quadri, perché qui portano via tutto. Devi dipingere sul muro’.

Sulla cappella di San Matteo a Moriolo e delle pitture murali al suo interno è stato scritto altre volte. Sul Crocifisso dell’altare non è però stato detto più di tanto per cui questo anniversario mi sembra l’occasione giusta per dire qualcosa in più. Prima di tutto va detto che è un Crocifisso dipinto su tavola sagomata con figure terminali della Madonna e di San Giovanni evangelista realizzato a tempera vinilica, collage, foglia oro e di rame. La figura del Cristo appartiene alla tipologia del Christus Patiens, ai suoi piedi ho realizzato con la foglia d’oro un fiore con tre petali acuminati. Questa forma di fiore l’ho pensata come simbolo della Trinità. Il fiore dai petali acuminati ritorna anche negli altri dipinti murali: sul tavolo di San Matteo mentre sta scrivendo e nella mano dell’Angelo: un simbolo che unisce le pitture della cappella.

È il Crocifisso degli Artisti. L’ho chiamato così perché come sottofondo alla Croce è intessuto un collage con particolari di opere d’arte dal Paleocristiano al ventesimo secolo. In senso orario in alto sopra il braccio della croce vediamo ad esempio il sarcofago di Giunio Basso e altri esempi di bassorilievi. Sotto riconosciamo il grande momento del medioevo con particolari di affreschi di Giotto, dei Lorenzetti, di Cimabue, di Duccio per poi passare a Leonardo, alla Scuola di Atene di Raffaello, all’Adamo di Michelangelo, alla Visitazione del Pontormo. Il percorso temporale si chiude con il Novecento di De Chirico e Picasso.
Sul retro del Crocifisso degli Artisti ho trascritto una poesia di Luciano Marrucci:

Resto in ascolto
con gli occhi spalancati
ad aspettare la mia resurrezione.
Tu passerai dagli inferi
E Tu mi chiamerai
con la voce dell’alba.
Cristo, ti seguirò.

Quando glielo dissi, Luciano era titubante. ‘Potrebbe sembrare che te l’ho chiesto io’, mi disse. Ma io ho sempre detto che fu una mia idea. Così come per tutto il lavoro mi lasciò libero di fare e di decidere.

Alle pareti laterali di 4 metri ciascuna ho dipinto, a destra, la figura di San Matteo mentre scrive il Vangelo e che don Luciano chiamava il “genio della scrittura”. Alla parete sinistra si trova l’Angelo, simbolo dell’evangelista Matteo (che secondo la tradizione gli insegna a scrivere). L’insegnamento – ispirazione dell’Angelo arriva a Matteo attraverso foglie dorate che vagolano nell’aria.

L’interno è arricchito anche da una balza con figurazioni realizzate da Giuseppina e Sabrina Arzilli, Dalia Bimbi, Emmanuela Gozzini, Paola Mariani. Venti anni fa, era il 2000, era l’anno del Giubileo, l’anno che più di altri ha sempre rappresentato il futuro, magari un futuro spaziale … noi ci trovammo a lavorare senza luce elettrica e senza acqua corrente … proprio come mille anni fa.

Inserito nel paesaggio il chiesino di San Matteo sembra rubato da un affresco di Giotto. Circondata da cipressi la cappella si affaccia sulla Valdegola e bene rappresenta il mondo di Luciano. Un mondo fatto di aria pulita, fatto di stelle, di leggende, di pellegrini e viandanti con mantelli e bastoni che si scambiano idee”.

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