S.Croce criminale: risse, liti e processi dal 1622 al 1707

16 novembre 2016 | 10:22
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S.Croce criminale: risse, liti e processi dal 1622 al 1707
S.Croce criminale: risse, liti e processi dal 1622 al 1707
S.Croce criminale: risse, liti e processi dal 1622 al 1707

di Valerio Vallini

Giovanni Lami, erudito e letterato di fama internazionale, il più illustre personaggio che Santa Croce abbia mai avuto scriveva ai suoi familiari: “gli abitatori (di Santa Croce) sono in gran parte navicellai, vetturali e trattori di seta; e generalmente assai incolti, e cattivi, e invidiosi l’uno del bene dell’altro; amanti al sommo delle liti, e bestemmiatori”.

A riprova di questi severi giudizi che dei suoi conterranei santacrocesi espresse Giovanni Lami nel carteggio con i familiari, ecco uno stralcio di vita “incivile” ripresa dai Repertori del Tribunale Ecclesiastico Diocesano di San Miniato da Don Livio Tognetti per l’Accademia degli Euteleti.
In questa breve sintesi si accenna, a partire dal 1635, “ad un ebreo fatto cristiano preso a pugni da prete Pacchiani e da altri, perché chiedeva l’elemosina pur avendo l’autorizzazione del vescovo”.
Se i Pacchiani, che troveremo spesso in questi atti, non erano stinchi di santo, anche i Bini, i Pallesi, Dani e altri, contribuivano al lavoro dei tribunali ecclesiastici e non solo. Le liti molto spesso erano derivate da pretesti che a noi possono apparire futili, ma vista la generale miseria dovevano essere importanti come l’episodio di quelli che “con il Prete Bini, armati con ascia e pugnale, si ribellano al sequestro di una brocca di rame”. E’ del 1637 la notizia che “Renato Pallesi e Matteo Dani danno luogo a una rissa a mano armata nella quale si intromette prete Innocenzio Pallesi che ferisce Matteo Dani”.
Non potevano, naturalmente, mancare le streghe o presunte tali, come in un “Processo per stregoneria contro Polita e Lisabetta Baroni. Processo seguito da sentenza di condanna, nel 1643, e un altro processo del 1645 non meglio specificato ma dove curioso è l’accostamento “furto di baccelli e stregoneria” nel 1649. E’ del 1646 una discussione per la vendemmia fra prete Innocenzio Pallesi e il suo lavoratore Giuseppe Pannocchi terminata con bastonate e pugni da parte del prete.
Roba da talk show: eufemistiche “discussioni” che sorgevano per questioni di potere politico, sono descritte in un “Processo informativo del 1648 contro prete Bartolomeo Pacchiani per una discussione nella Compagnia della Croce, fra prete Pacchiani e Goro Bini sulla accettazione della carica di Camarlingo. Dalle parole si passò ai fatti con ferimento di ambedue”.
A furia di scontri e mano armata doveva per forza scapparci il morto – il primo di una serie – come avvenne nel 1650 con l’uccisione di Goro Beni: “David Pacchiani fratello di prete Bartolomeo, gli spara un’archibugiata al petto per una pace non concessa che gli ha procurato una condanna. Anche il prete è sospettato di essere implicato nel fatto”.
In tutto questo guazzabuglio di liti, aggressioni verbali e a mano armata, indubbiamente i Pacchiani primeggiavano. Risultano coinvolti, nella figura di Bartolomeo Pacchiani, in una lite a tre sotto il loggiato della chiesa di San Rocco nel 1663.
Insieme ai furti, alle stregonerie e alle liti per il potere, non potevano mancare le questioni di sesso o di passioni: è del 1667 il processo contro Prete Giuseppe Gerini accusato di avere una relazione con Donna M. Angelica Becocci, moglie del barbiere e considerata “pubblica meretrice”. C’è anche una querela contro Bartolomeo Pacchiani – recidivo in vari reati – accusato di avere rapporti carnali con sua serva donna Maria Pagni. Non mancano, ovviamente, risvolti boccacceschi come traspare da un esposto di Cristiana Baldacci che denunzia prete Pino Bocciardi che, travestito, l’affronta mentre va alla caldaia. Aggressione non proprio sgradita oppure ben compensata, stando alla rinuncia della querela da parte di Cristiana.
Appare sulla scena processuale perfino un delitto in stile “Miserabili”: l’ uccisione di donna Margherita a pugnalate nella strada per opera di suo nipote Giovanni, armato di pugnaletto, istigato da prete Antonio Lami, perché la figlia di Margherita, Laura, ragazza madre, fa la prostituta per vivere. Margherita Lami, sposata Baldacci, è cugina del prete il quale si sente disonorato dalla condotta delle due donne. Disonorato non si sa da cosa, viste le accuse che gli pendono per vari delitti e simonia.
E’ del 1681 l’uccisione del bandito Giobatta Melai con una archibugiata, caduto a pancia all’aria nell’andito del Cemeterio della chiesa maggiore di Santa Croce e della Compagnia con il busto nell’andito e le gambe sulle scale. Vendetta privata, regolamento di conti?
Napoli ante litteram o Scampia, si trova nell’episodio di un messo: Giovanni Dolci che denunzia di essere stato impedito di eseguire un arresto nella persona di Agnolo Pacchiani dal figlio prete Mercurio, da tutto il parentado e da una massa di popolo che lo prende a spinte e parolacce.
Anche le serenate non avevano tranquille conclusioni. Al chierico Francesco Lippi accadde di essere preso a pugni e poi minacciato con spada e pugnale da Giovan Francesco Becocci. Giulio Guardelli che “sta sulla porta a cantare canzoni onorate e da bene alla sua dama” e il prete Giovanni Bini lo prende a sassate. C’era insomma anche di che ridere, naturalmente non da parte dei malcapitati come a una certa Marisa Lippi, ragazza, che nel 1693 denunzia il chierico Jacopo Gerini che da cinque anni ha una relazione con lei e le aveva promesso di togliersi la toga e sposarla; ora lei si trova incinta e chiede che mantenga la promessa. Ma la difesa dimostra che si tratta di una meretrice bruttissima e sporca.
Fa l’apparizione anche il macabro in stile mediceo – si pensi alla congiura dei Pazzi – in un processo intentato da Pier Filippo Menicucci contro Jacopo Turi e altri che hanno esumato dalla tomba della Compagnia di San Carlo il corpo di suo figlio, gli hanno tagliato la testa e la vanno mostrando in giro su un carrettino.
Alle soglie del Settecento una denuncia del curato Antonio Lami che, non essendo stato possibile cantare Vespro perché nessuno era disposto a pararsi, fa un quadro poco edificante della condotta dei canonici e del maestro di canto Giuseppe Lami il quale, successivamente, lo aggredisce con una mezza spada.
Infine nel 1703 si ha un processo per stupro dall’esito scontato: Maria Maddalena e Caterina Ficini agiscono contro Pier Francesco Batoli di S. Maria a Monte, Maestro di scuola di S. Croce, accusato di stupro nei confronti della Caterina. Dopo lungo processo e visite mediche il Bartoli viene assolto con la formula “ex hactenus his deductis” che si può tradurre:”E’ assolto per le cose fin qui addotte”.