San Miniato, Federazione caccia dice no agli Atc: “Inutili e a spese dei cacciatori”

Il gruppo: "E' diventato esclusivamente motivo di spesa, non genera valore aggiunto né per il cacciatore né per il territorio"

Dopo aver evidenziato le criticità ambientali del comprensorio del Cuoio, la Federazione italiana della caccia di San Miniato torna ad alzare la voce sugli Atc, ovvero gli Ambiti territoriali di caccia, che a loro giudizio risultano essere “un organo non utile alla gestione del territorio”.

L’attenzione del gruppo è stata posta in particolare sull’Atc di Pisa est: “La nostra riflessione nasce da un’attenta analisi maturata in questi anni e cioè a partire dalla nascita degli Atc negli anni ’90 – spiega il gruppo -. Gli Atc furono concepiti quale tramite essenziale nei rapporti tra le Istituzioni e il mondo venatorio, stimolando, grazie alla loro opera di coinvolgimento, i cacciatori a consolidare un corretto rapporto con il territorio. Sono le strutture territoriali a cui è affidato lo svolgimento delle attività di gestione faunistica e di organizzazione dell’esercizio venatorio in forma programmata nel territorio di competenza. Le premesse e le aspettative che hanno accompagnato la nascita degli Atc facevano presagire un ruolo determinante ed autonomo nella gestione del territorio, dove il cacciatore avrebbe dovuto avere un ruolo da protagonista ed interprete principale per un cambiamento necessario ad affrontare le numerose sfide che si sarebbero e si sono presentate in questi anni”.

“Infatti – spiegano – molti cambiamenti sono avvenuti ed anche radicali che hanno impattato negativamente sul territorio: l’abbandono delle campagne, l’urbanizzazione, l’inquinamento, l’uso massiccio di antiparassitari e di prodotti chimici. Ancor più devastanti sono gli interventi dei Consorzi di bonifica, con la totale eradicazione da ogni forma vegetale lungo le sponde dei torrenti, fossi, fiumi indebolendo gli argini a fronte di una presunta tutela e di una presunta sicurezza idraulica, messa in crisi anche da una incontrollata trasformazione delle aree agricole, adattate all’agricoltura intensiva”.

La trasformazione si è impadronita del territorio, portando alla cancellazione del fenomeno scientifico definito biodiversità – commentano – L’Ispra stabilisce quali sono i principali fattori di perdita di biodiversità animale e vegetale: sono la distruzione, la degradazione e la frammentazione degli habitat, a loro volta causate sia da calamità naturali sia e soprattutto da profondi cambiamenti del territorio condotti ad opera dell’uomo. Ad aggravare la già critica situazione, c’è poi l’incontrollata crescita demografica di alcune specie animali considerate pericolose o dannose per l’uomo, per le colture agricole, per la sopravvivenza di aree boschive, quali caprioli, cinghiali, volpi, cani ibridati con il lupo, nutrie, corvidi. Anche per questi eventi, nessuno ha cercato di studiarne le dinamiche. Ma gli Atc, viene da pensare, cosa centrano e che ruolo avrebbero dovuto avere e tenere? Alla luce dei fatti, gli Atc creati ed immaginati come la soluzione futuristica per la gestione della caccia e del territorio, si sono dimostrati ‘strutture’ obsolete ed inefficienti per il ruolo che avrebbero dovuto svolgere”.

“Con riferimento all’Atc di nostra competenza, la 15, ed ascoltando ed interpretando le molte voci provenienti da tutta la Toscana, sono confermati i giudizi negativi generati da una gestione inadeguata – si legge ancora nella nota -. Gli Atc, fra cui Pisa, si sono dimostrati non pronti ai cambiamenti che ci sono stati, che ci sono e che continueranno anche nel futuro. Dai dati raccolti grazie anche ad un “referendum”, inviato ai 500 cacciatori di San Miniato, abbiamo avuto la riprova dell’unanime giudizio negativo e della inutilità degli Atc, almeno così come sono concepiti ed organizzati. L’Atc è diventato esclusivamente un organo di spesa, non genera valore aggiunto né per il cacciatore né per il territorio né tantomeno per l’ambiente”.

“Le carenze strutturali e professionali dei Comitati si riscontrano nella gestione quotidiana, con la totale assenza di interpretazione degli innumerevoli dati statistici in loro possesso, importante ‘banca dati’ da cui avrebbero dovuto e potuto estrapolare informazioni, interpretarle, capirle e quindi intervenire – scrivono – Ancora di più, si è evidenziato in questi anni un totale scollamento con le realtà locali, con la ‘base’, con i cacciatori, fonte inesauribile di conoscenze e di dati. Vedasi ad esempio le numerose squadre di ‘cinghialai’, da cui reperire dati su alcune specie di ungulati (cinghiali, caprioli, daini) o attingere dai selettori per monitorare altri selvatici antagonisti quali i predatori (volpi), o approfittare degli ‘stanzialisti’ per un monitoraggio sullo stato di salute del territorio, sul quale si riscontra un impoverimento preoccupante di uccellini insettivori (capinere, stipine, pettirossi, batticoda, rondini, ecc.). E perché non coinvolgere i titolari di appostamenti fissi, termometro importante per capire lo stato di salute degli uccelli migratori, ormai in netto declino, per non dire scomparsi dal nostro territorio”.

Abbiamo riscontrato che l’Atc è un organo di spesa, vocato all’acquisto di selvaggina di bassa qualità, visti i risultati e la mortalità registrata – scrivono – Ne è testimonianza la ormai cronica assenza di selvaggina stanziale (fagiano) sul territorio, sulla quale non viene fatta alcuna riflessione per capire le motivazioni. Abbiamo riscontrato che l’Atc è un organo di spesa che non interviene con la Regione per fare presenti le criticità che vivono il territorio, la natura, la selvaggina, l’ambiente. Si può presumere un atteggiamento remissivo, volto forse a non dare troppo fastidio. Abbiamo riscontrato inoltre che è un organo di spesa in quanto non si fa promotore di iniziative atte a modificare lo status quo, che peraltro non potrà altro che peggiorare, visto il trend attuale. L’Atc si limita solamente a spendere i soldi dei cacciatori per la realizzazione di opere di recinzione (circa 45mila euro medi annui) a tutela dei raccolti (giusto) ma non attua programmi per la gestione del fenomeno. Non studia il fenomeno e non si fa promotore verso la Regione e l’Ispra di proposte indirizzate al contenimento (caprioli- cinghiali), ma favorisce attraverso la realizzazione di recinzioni, l’inquinamento dell’ambiente”.

“Abbiamo riscontrato che l’Atc – si legge ancora – anziché chiedere, visto il consistente patrimonio immobiliare in possesso della Regione su Pisa, locali in cui svolgere la propria attività, ha preferito sino ad oggi pagare un canone di locazione di 31mila euro annui, con la paradossale idea di stanziare ben 300mila euro per l’ascquisto. L’Atc non promuove iniziative concrete di programmazione e risoluzione dei danni all’agricoltura, limitandosi a pagarne l’entità circa 71mila euro nel 2021. L’Atc inoltre finanzia progetti che non riesce, poi, a finalizzare, impegnando capitali e risorse. Ne sono un esempio le voliere a cielo aperto realizzate dai cacciatori locali, destinate all’irradiamento della selvaggina. Progetto ed investimento che avrebbe una valenza se concluso, appunto, con la realizzazione delle Zone di rispetto. Aree, non costituite per le carenze operative e gestionali dell’Atc stessa, nonostante le nostre pressioni avallate dalla normativa”.

“Quindi possiamo concludere che almeno l’Atc 15 di nostra competenza, non possiamo definirlo un organo utile – commentano -. C’è bisogno di profonde riflessioni per capirne realmente le doti le qualità oltre che le finalità. Sorge il dubbio se è il caso di mantenere questo tipo di strutture, interamente spesate dal cacciatore. Inoltre bisognerà capire se le Associazioni venatorie stanno dalla parte del cacciatore, dell’ambiente, dell’agricoltore, se sono per la gestione del territorio e per la gestione della selvaggina, oppure fanno da ‘lepre’ al politico di turno”.

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