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“Qui non c’è futuro”: ultimo set della pallavolo a Montopoli Valdarno

24 giugno 2022 | 19:56
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“Qui non c’è futuro”: ultimo set della pallavolo a Montopoli Valdarno

Delusione e sconforto tra genitori, atlete e addetti ai lavori: “Menefreghismo del Comune”

La pallavolo a Montopoli Valdarno non ci sarà più. L’ultimo set di una partita che dura da tempo e che ha allevato campioni, è stato giocato e a perdere è lo sport nel suo insieme. L’Associazione sportiva dilettantistica Pallavolo Montopoli ha deciso di non rinnovare la convenzione per la gestione triennale dell’impianto sportivo per una serie di ragioni che hanno a che fare con “un Comune che se ne è strafregato dei problemi e ha preferito far morire la pallavolo”.

Dalle parole del presidente Roberto Squarcini e dell’allenatrice Michela Bello trapela lo stato d’animo di una decisione sofferta e ponderata, ma, dicono, “inevitabile”. Dalla prossima stagione, quindi, le pallavoliste di tutte le età dovranno, nella migliore delle ipotesi, cercare una società sportiva che le accolga nei comuni limitrofi, ma non è escluso che alcune decidano di smettere. “Le ragazze si son sentite mancare la terra sotto i piedi – spiega Squarcini -. Quella era casa loro. Adesso si cercherà di indirizzarle verso altre società per far sì che non abbandonino questa passione”.

L’Asd Pallavolo Montopoli è una società storica del paese, che ha “cresciuto” anche Carlotta Cambi, che poi è arrivata a giocare in Serie A e in Nazionale. Ma il rischio maggiore è che si perda un presidio di socialità che negli anni ha sempre lavorato con successo. I motivi di questa decisione sono tanti e diversi tra loro.

“La goccia che ha fatto traboccare il vaso – spiega Michela Bello, che ha vissuto la palestra come una seconda casa – è che a fine aprile ci hanno chiuso la palestra perché erano caduti dei calcinacci, ma nessuno ci ha avvertito. C’erano da fare dei lavori e io da un giorno all’altro ho trovato le porte chiuse senza che nessuno ci desse delle spiegazioni. Dopo una settimana ho chiamato per capire cosa stava succedendo e, soprattutto, per capire quanto sarebbero durati i lavori, perché io nel frattempo dovevo far allenare le bimbe e si stavano giocando i campionati”. Da quel momento inizia la fase più difficile per la società: a campionati ancora in corso, le atlete si trovano senza una palestra e con allenamenti saltuari in giro per i comuni del Comprensorio.

Mi sono trovata a dover cercare la disponibilità di un campo ogni giorno per farle allenare – continua Bello -. Ogni giorno ero a chiedere campi a Santa Maria a Monte e Santa Croce e anche le partite in casa le abbiamo giocate, in realtà, in questi campi e non nel nostro. Questo ha influenzato l’esito dei campionati, soprattutto quello della Seconda divisione: abbiamo dovuto fare allenamenti concentrati in pochi giorni e abbiamo perso l’ultima partita per la Promozione. Quando è arrivata la lettera che comunicava la possibilità di rientro in palestra ormai i campionati erano finiti”.

Le prestazioni, comunque positive delle ragazze, avrebbero risentito della carenza degli impianti sportivi. Ma i problemi non finiscono qui. La caduta dei calcinacci è solo l’ultimo episodio di una lunga serie di criticità rimaste irrisolte nel tempo. “Quando piove gocciola l’acqua dentro – spiegano presidente della società e allenatrice -, poi c’è un faro che da due anni non funziona. Sono piccolezze, ma considerato che l’impianto è usato anche dalle scuole sarebbe bene risanarle”.

Ci sono poi questioni aperte che si intrecciano tra loro e vanno a complicare il quadro. Le criticità dell’impianto, infatti, si sono aggravate dopo la chiusura della scuola di Marti. “Dopo la chiusura alcune classi sono state spostate nel plesso accanto alla palestra – riportano Squarcini e Bello –, con la conseguenza che i servizi igienici riservati al pubblico e agli spettatori sono stati liberati per essere destinati agli alunni. Nella palestra ad oggi ci sono due bagni negli spogliatoi per gli atleti e per i ragazzi delle scuole, uno nello spogliatoio degli arbitri e uno per portatori di handicap. Il pubblico non può usufruire dei servizi”.

Quello stesso pubblico, per di più, che dopo il Covid non è potuto tornare a fare il tifo in tribuna nemmeno quanto era consentito l’accesso agli spettatori a capienza ridotta. “Da dopo il Covid – spiega Bello – la Federazione vuole sapere la capienza esatta delle tribune. Noi ancora non riusciamo a conoscere questo numero perché non si trova la certificazione che dovrebbe essere stata fatta dopo un sopralluogo dei vigili del fuoco. Il Comune dice che loro non ce l’hanno, ma intanto noi, anche quando avremmo potuto far entrare qualche spettatore, abbiamo giocato a porte chiuse”.

Tanti episodi isolati che, se uniti tra loro e prolungati nel tempo, vanno a creare disagio per una società che per lo più si basa sul lavoro e la passione di volontari. A ciò si aggiunge la difficoltà di ripartire dopo due anni di Covid che ha visto la pallavolo, sport di squadra, tra i più sacrificati, soprattutto a livello dilettantistico. Dall’insieme di queste condizioni è maturata la decisione di lasciare tutto: “A me dispiace perché io sono quella che ha tirato su la società, che per me è la seconda casa – dice Bello -. Mi dispiace perché per me son tutte ‘le mi bimbe’. Però nessuno ha mai alzato il telefono e ha chiesto se avevamo bisogno di qualcosa, nessuno si è preoccupato delle conseguenze della chiusura della palestra. Mi hanno fatto capire che non gliene importa niente. E abbiamo tutti capito che qui non c’è futuro: ormai i genitori portano via le bimbe e io sto cercando di trovare loro una sistemazione nelle altre società, perché un futuro glielo devo dare”. Il futuro delle bimbe e delle ragazze è totalmente avvolto nell’incertezza. In questi giorni la sensazione è quella di profondo dispiacere per la disgregazione di un gruppo. Le società “consorelle” come La Perla di Montecalvoli si sono subito messe a disposizione ma l’impressione è che le strade delle atlete molto probabilmente si separeranno. Soprattutto per coloro che giocano in seconda divisione e frequentano le scuole a Pontedera.

“Si è preferito far morire la pallavolo nel menefreghismo – aggiunge Squarcini -. È vergognoso che si arrivi a far cessare le attività a una società ricca di storia come questa. Il problema è che nell’amministrazione non si trova un interlocutore che si prende a cuore la situazione”.

E arriviamo ai passaggi formali che hanno portato alla cessazione dell’attività. Il 30 giugno scade la convenzione per la gestione triennale affidata alla società. “Il Comune – spiegano Bello e Squarcini – ci ha mandato i documenti per il rinnovo, ma noi abbiamo declinato l’invito. Loro volevano una risposta entro il 10, noi non l’abbiamo inviata e così ci è arrivata una lettera secca e arida in cui ci chiedevano una data per la consegna delle chiavi”. Questa data sarà il primo luglio. Il presidente Squarcini, però, ci ha tenuto a rispondere a tono, inviando una lettera sia agli uffici che al responsabile dei lavori pubblici, al sindaco e all’assessore allo sport.

Resta l’amaro in bocca per le bimbe del minivolley e per le ragazze dell’under 14 e della seconda divisione, ma, dicono gli addetti ai lavori, “se non ci sarà un intervento alla radice da parte del Comune, un interessamento autentico, questo è il punto di non ritorno”.