Ramadan 2020 senza moschea né pasti condivisi. La comunità si incontra su internet per pregare e aiutarsi

Con stop al lavoro e stipendi che non arrivano, il precetto dell’aiuto al prossimo è ancora più importante

È il mese della preghiera e del digiuno, ma è anche e soprattutto un momento di condivisione, per riflettere tutti assieme sulle parole del profeta e condividere il piacere del pasto dopo il tramonto. È per questo che il Ramadan 2020, nel pieno dell’emergenza coronavirus, sarà diverso da tutti gli altri anche per la numerosa comunità musulmana che vive nel comprensorio. Una comunità che deve fare i conti con lo stop al lavoro e con gli stipendi che non arrivano, tanto che mai come adesso il precetto dell’aiuto al prossimo, raccomandato durante il Ramadan, assume un significato tutto particolare.

Coincidente con il nono mese del calendario islamico, nel quale si celebra la prima rivelazione del Corano a Maometto, il Ramadan prevede il divieto di mangiare, bere e fumare dall’alba al tramonto, prescrivendo una serie di momenti di preghiera nel corso della giornata. Iniziato il 23 aprile, il Ramadan 2020 andrà avanti fino alla sera del 23 maggio.

“Siamo solo alla prima settimana e quello che ci manca tantissimo è la moschea”, racconta Oumar Dieng, presidente dell’associazione Cossan che riunisce i senegalesi di Santa Croce sull’Arno, la più numerosa e compatta comunità islamica che vive nel distretto. Al pari delle chiese cristiane, anche la moschea dell’Istituto culturale islamico di Santa Croce è costretta a rimanere chiusa. “Durante il Ramadan – spiega il presidente Dieng – la preghiera all’alba e quella del venerdì acquisiscono un significato particolare, perché permettono di ritrovarci assieme ricordando la storia del profeta e i passaggi del Corano. In questo momento è la cosa che ci manca di più”.

Allo stesso modo, l’emergenza sanitaria impedisce ai musulmani di ritrovarsi per mangiare insieme la sera, dopo il tramonto. “Durante il Ramadan è importante per noi ritrovarci nelle case e condividere questo momento – dice Dieng – ma quest’anno ognuno di noi lo farà solo con la propria famiglia, nel rispetto delle norme previste dal governo”.

Anche per i musulmani, tuttavia, la tecnologia diventa lo strumento per “accorciare” le distanze. In questi giorni si sono diffusi incontri via Skype per discutere sui temi che di solito si affrontano in moschea, mentre l’Istituto islamico di Santa Croce si è attrezzato con un gruppo Whatsapp con oltre 400 membri. “Il Ramadan è un mese sacro in cui tutto il bene che si fa ha una valenza doppia – riprende Oumar -. La fede ti dà il coraggio e la forza di superare il digiuno ma il Ramadan non è solo questo, perché è anche importante essere vicini ai malati e alle famiglie in difficoltà. Il gruppo che abbiamo su Whatsapp ci permette di ritrovarci e rafforzare i nostri legami”.

Almeno tre volte alla settimana gli imam della comunità senegalese pubblicano temi e spunti di riflessione, ma il gruppo è anche lo strumento per dare a tutti informazioni pratiche e consigli per superare le difficoltà legate all’emergenza coronavirus. “Tanti nostri connazionali che lavorano nelle aziende di Santa Croce sono rimasti senza stipendio – spiega Dieng – perché molte imprese non riescono ad anticipare la cassa integrazione. Allora spieghiamo sul gruppo come fare per chiederla in banca, così come spieghiamo i decreti del governo o le parole del presidente del consiglio per chi ancora non capisce bene l’italiano, mentre fino a qualche giorno fa abbiamo spiegato in che modo si potevano chiedere i buoni spesa. Ci sono tante famiglie in difficoltà e anche questo è un modo per stargli vicino”.

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