Detenuti ingiustamente per 89 giorni: saranno risarciti con 30mila euro a testa

La loro unica colpa passare nei pressi del luogo in cui era stato compiuto un furto all'interno di un'auto. Dopo l'assoluzione definitiva la riparazione economica al torto subito

L’incredibile storia di un 56enne e un 32enne, ora risarciti per ingiusta detenzione, che venivano arrestati nel 2019 per furto aggravato in concorso, in provincia di Pisa, dai carabinieri, e presentati in giudizio per il rito direttissimo; dopo la convalida in data nel novembre del 2019, sono stati sottoposti alla misura cautelare della custodia in carcere; il giudizio si è svolto in più udienze, fino alla sentenza di assoluzione, intervenut a febbraio del 2020, quando i due imputati sono stati rimessi in libertà, dopo essere stati ininterrottamente detenuti per 89 giorni; la sentenza di assoluzione è passata in giudicato.

La corte d’Appello fiorentina gli ha riconosciuto circa 30mila euro a testa per l’ingiusta detenzione subita e mancava solo l’ultimo passaggio dopo il ricorso del ministero ma il 14 novembre scorso la sentenza definitiva degli ermellini che ha chiuso questo caso giudiziario. La loro incredibile storia personale e giudiziaria inizia una sera di novembre del 2019. Secondo i resoconti processuali la persona offesa, una cittadina turca in compagnia di due connazionali, stava cenando in una pizzeria del Pisano, con l’auto parcheggiata nei pressi. Al momento del pagamento, la persona offesa e un’altra persona (nel frattempo uscite in strada) si sono accorte che un vetro dell’auto era infranto e che due persone, scese da un’altra auto, rubavano valigie e una borsa di lavoro della persona offesa, che conteneva un computer con dati importanti per il lavoro.

Un cameriere usciva a vedere e trovava i due ricorrenti che camminavano a breve distanza e che venivano indicati dalla persona offesa come autori del furto. Nell’immediatezza sono stati chiamati i carabinieri, i quali trovavano i due, tranquilli e fermi, che dicevano di essere andati in una vicina parrocchia a cercare assistenza; la refurtiva non veniva trovata. La persona offesa e i suoi accompagnatori, presenti in Italia solo per un breve periodo, facevano rientro in Turchia e non sono state mai sentite formalmente, né in incidente probatorio, né in dibattimento. I due imputati sono stati assolti, in quanto non vi erano prove certe della loro responsabilità, ed essendo anche stato confermato che i due si erano effettivamente presentati nella vicina parrocchia.

Si legge in sentenza: “Orbene, il giudice della riparazione, con motivazione logica e congrua, venuto ormai meno un loro riconoscimento qiali autori del furto, ha valorizzato ai fini del riconoscimento del chiesto indennizzo il fatto che i due sin da subito hanno tenuto un atteggiamento tranquillo e collaborativo, attendendo i carabinieri e dichiarando la loro estraneità al furto, indicando anche elementi a loro discolpa che sono risultati veritieri (la loro presenza in zona per andare a chiede aiuto in parrocchia). Correttamente, pertanto, è stata ritenuta insussistente in capo agli imputati qualunque condotta colposa che abbia potuto operare sinergicamente con la misura cautelare loro imposta”.

Il caso giudiziario è chiuso. Quello umano è ovviamente tutta un’altra storia.

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