Rifiuti del conciario usati come concime, in 8 rinviati a giudizio

Per l'accusa i rifiuti speciali venivano qualificati come compost per essere smaltiti in terreni agricoli

Materiale di risulta delle concerie di Santa Croce sull’Arno utilizzato come concime, il gup distrettuale di Firenze ha accolto le richieste degli inquirenti e rinviato a giudizio otto persone. Si tratta di Marino Signorini, 75 anni, presidente del Consorzio Sgs nel periodo dei fatti contestati; Giancarlo Petrecca, 73 anni, allora amministratore delegato dell’Sgs; Giancarlo Bernini Carri, 45 anni, responsabile del laboratorio analisi; l’agricoltore Rossano Rosini, 59 anni di Montopoli; Andrea Biasci, 53 anni, agronomo pisano; l’agricoltore Beniamino Rosini, 26 anni di Montopoli,  Leonardo Volpi, 50 anni, in qualità allora, prima di presidente del consiglio di amministrazione di Sgs e poi, dal marzo 2020, nelle vesti di liquidatore del Consorzio stesso; Silvia Rigatti, 48 anni, in qualità di amministratore unico di Hydro Spa, la nuova società che è nata dopo la messa in liquidazione di Sgs. Il processo si svolgerà a Pisa.

L’indagine, della Dda fiorentina, ha avuto al centro i flussi di rifiuti speciali derivanti dal trattamento dei prodotti conciari, che per l’accusa venivano falsamente qualificati come ammendanti compostati misti per essere illecitamente smaltiti su terreni agricoli. In particolare sarebbero state illecitamente smaltite oltre 24mila tonnellate di rifiuti speciali, contenenti sostanze nocive ed inquinanti, attraverso il loro utilizzo nella normale pratica agricola per concimare oltre 150 ettari di terreni agricoli coltivati a granoturco e girasole, ubicati tra le province di Pisa e di Firenze, terreni che dalle analisi effettuate sono risultati presentare una rilevante concentrazione di cromo anche esavalente e idrocarburi. Le attività organizzate dagli imputati per la Dda prevedevano, in sintesi, l’illecito recupero di ingenti quantità di rifiuti speciali, sia conferiti da una pluralità di imprese conciarie sia derivanti dalla lavorazione di sottoprodotti animali che, sulla base di fittizi certificati di analisi venivano qualificati come prodotti ammendanti compostati misti che pertanto figuravano essere idonei alla concimazione. Successivamente vi era la fittizia vendita del presunto ammendante ad imprese agricole compiacenti che, per contro ricevevano un compenso stabilito sulla base della quantità di prodotto “acquistato”.

Gli stessi, utilizzando documenti di trasporto e i certificati analitici fittizi, provvedevano al trasporto ed all’illecito smaltimento dei rifiuti spandendoli su terreni agricoli nella loro disponibilità. Il gip all’epoca aveva disposto anche il sequestro preventivo anche per equivalente fino all’importo di oltre 3 milioni di euro nei confronti del Consorzio per la gestione dei rifiuti e di alcuni indagati, calcolato come l’illecito profitto derivante dal mancato conferimento in discarica dei rifiuti speciali prodotti, oltre al sequestro di oltre 300mila euro per gli agricoltori coinvolti che venivano “pagati” per poter conferire i rifiuti nei loro terreni durante la normale pratica agricola. A giugno le prime udienze della fase dibattimentale del procedimento giudiziario.

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