“Non gli diamo le chiavi di casa ma gli diciamo che è possibile cambiare sesso” foto

In molti in chiesa ad ascoltare la conferenza di Frullone

“Stiamo dicendo a bambini ai quali non affideremmo nemmeno le chiavi di casa perché troppo piccoli che è possibile cambiare sesso. Perché parlare di identità di genere apre a questa visione”. E’ forse questo il passaggio più forte della conferenza organizzata ieri sera dalla parrocchia in Collegiata con la giornalista Raffaella Frullone, ‘rotto’ solo sul finale da alcune domande dal pubblico.

Appuntamento assai chiacchierato, con annessa polemica politica nei giorni scorsi fra i difensori della decisione di don Ernesto Testi di organizzare l’evento con specifico invito ai genitori degli alunni delle classi terze della primaria del comune e coloro che, invece, hanno preso le difese del preside dell’istituto comprensivo Da Vinci Sandro Sodini, che da anni coinvolge la scuola in vari progetti finanziati dalla Regione Toscana inerenti la parità di genere, sviluppati proprio in quelle classi e anche all’infanzia.

“Parità di genere significa parità fra i sessi? Per molti vuol dire dare pari opportunità lavorative – si chiede Frullone all’inizio del suo monologo, iniziato con una sorta di excursus su come, dalle elaborazioni teoriche nel Dopoguerra di “alcune fronde radicali del femminismo” si è arrivati “all’inserimento di queste teorie all’interno delle linee di indirizzo internazionali per l’educazione e non solo” tramite l’OMS e l’ONU.

“Per molti – continua – parità di genere vuol dire dare pari opportunità lavorative. Spiegare alle bambine che possono aspirare a qualsiasi ruolo nella società senza essere relegate in certi settori o alla sola domestica. Ma le donne nel 2023 in Italia e in Occidente hanno bisogno davvero di questo messaggio? Ne hanno bisogno mentre la commissione europea, il parlamento europeo, la presidenza del consiglio in Italia e non solo sono oggi guidate da donne? O mentre donne ricoprono numerosi incarichi nelle più disparate posizioni? Io credo di no”.

La tesi però è un’altra. “Almeno dal 2012, queste teorie sono inserite nelle linee programmatiche delle politiche educative italiane – continua Frullone –. Sesso biologico e genere, per questo modo di vedere, non sono la stessa cosa e parità nel primo caso e nel secondo non sono la stessa cosa. Questa tesi, da oltre dieci anni è entrata nelle scuole. Gli insegnanti sono chiamati a trasmettere sentimenti positivi verso la propria identità di genere, indipendentemente dal sesso. Ed esistono programmi anche per i giovanissimi, ai quali si dicono due falsità scientifiche: che sesso e genere non sono la stessa cosa e che si può scegliere. Eppure ogni singola cellula del nostro corpo è sessuata. Come maschi e femmine sono diversi fin dai primi momenti della loro vita, nel modo di interagire, nelle predisposizioni. Eppure tutto questo viene insegnato nelle scuole, persino alla fascia 0-4 anni. Stiamo dicendo a bambini ai quali non affideremmo nemmeno le chiavi di casa perché troppo piccoli che è possibile cambiare sesso. Perché parlare di identità di genere apre a questa visione”.

Decisioni che, secondo la visione della giornalista, che si è avvalsa per il suo intervento di studi e analisi messe a disposizione dall’associazione ProVita, può portare a decisioni e percorsi irreparabili. “Negli Stati Uniti, come anche in Gran Bretagna, da tempo vi sono cause contro i centri che si occupano della somministrazione di ormoni e bloccanti della pubertà in ragazze e ragazzi che in tenera età decidono di iniziare il percorso verso il cambio di sesso. O che hanno fatto il passaggio chirurgico, definitivo – ha spiegato – frutto di scelte fatte troppo spesso in un momento, come l’adolescenza, molto delicato per i ragazzi. Ragazze e ragazzi affrontano come tutti una fase della vita in cui non ci si piace e il proprio corpo non piace. Ci siamo passati tutti. Per alcuni, poi, è ancora più difficile. E noi, con la scuola, come mondo adulto, ad una persona che vive una fragilità andiamo a dire che è vero, che ha un corpo sbagliato, ma che quella felicità che tanto vuole può raggiungerla scegliendo un genere diverso da quello biologico. Tutto questo non fa che creare un ambiente culturale in cui vi sono tante opzioni, anche quella verso scelte, appunto, irreparabili negli effetti voluti, ma anche in quelli collaterali, fra assunzione di farmaci e ormoni che in piena pubertà possono avere effetti devastanti. O consentendo ai ragazzi anche delle elementari e delle medie di essere appellati con il nome che vogliono con le cosiddette ‘Carriere Alias’, con le quali le nostre scuole perpetrano un abuso contro prerogative che sono solo delle famiglie e dello Stato. Io credo che questa cosa sia la vera azione discriminatoria verso ragazze e ragazzi”.

Parole che non hanno lasciato completamente insensibile la folta platea presente all’incontro. “Distruggere l’umanità dei bambini è distruggere il futuro” dice un altro dei presenti, chiedendo: “perché, quindi avviene tutto questo? Chi ci guadagna da tutta questa organizzazione e questa giostra?”. “Credo si sia di fronte, per quanto riguarda me, ad una battaglia fra il bene e il male. Qualcosa che ha a che fare con l’anima di tutti noi”.

LE CONTESTAZIONI

“Non capisco come si faccia a dire che in Italia c’è già la parità – ha detto Rossella Pera, giornalista e docente di scuola superiore, intervenuta a margine – . Ci si dimentica di dire che in Italia 14,8% in media in meno negli stipendi e che le donne sono mosche bianche nei cda delle aziende. La parità non è solo nel mondo del lavoro. Le donne in questo Paese vengono uccise. La stessa presidente Meloni alcuni giorni fa parlava dei sorrisi che alcuni uomini ancora le rivolgono nonostante il ruolo che riveste. Di genere poi, in Italia, si è cominciato a parlare oltre 50 anni fa: senza quelle discussioni non sarebbero nemmeno nate le cosiddette quote rosa”. “Non esiste alcun contratto in Italia che preveda una discriminazione fra uomini e donne – la risposta di Frulloni –. Come non esiste in Italia alcun diritto destinato solo per alcuni e non per altri, uomo o donna che sia. Detto questo, nessun tipo di violenza dev’essere accettata”.

Discussioni che avrebbero potuto continuare se la seduta non fosse stata interrotta ad un certo punto proprio da don Ernesto, che all’alzare la mano di altri per le domane, fra cui alcuni insegnanti, ha chiuso la serata: “Io non sono tollerante – ha detto -. Voi siete venuti qui solo a creare disagio in questo luogo”, creando il comprensibile parapiglia, senza che questo andasse oltre i limiti.

RIFLESSIONI A MARGINE

L’indomani sono pervenute alcune riflessioni da parte dei presenti. “Sono di Orentano, ho una sorellina che frequenta la scuola di cui si parla – dice Alessio, in prima fila all’incontro –. Quello che mi sconvolge è il modo in cui si prendano dei concetti, molto ampi, per estrapolarne una parte e dargli un nuovo contesto al fine di dire ciò che poi nei fatti non è vero. Si nega che esistano differenze attaccando la questione del ‘genere’ e poi si dice che ‘ogni essere umano è unico’. Si parla di questi progetti fatti a scuola, infine, senza sapere di che si tratta. Senza dire che non hanno in realtà affrontato i temi di cui si è parlato in chiesa, ma hanno invece riguardato la libertà nelle professioni e la possibilità di vivere appieno il proprio futuro”.

Sostieni l’informazione gratuita con una donazione

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di Cuoio in diretta, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.